Il fotografo è lo sciamano della tribù
che possiede il segreto di imprigionare le immagini
dei giorni e dei momenti migliori
per sottrarli alla maledizione della morte.
F. Scianna
I riti, da sempre hanno fatto e continuano tuttora a far riunire la collettività, in essi gli uomini infrangono le normali regole e rafforzano i legami di solidarietà.
Non esiste una società che non voglia una tantum rinsaldare tali sentimenti collettivi , rivisitandoli in determinati momenti. E perché un rituale si consideri tale non basta la ripetitività, ma necessita, per sua stessa natura, di fattori innovativi e mai uguali a sé stessi, esso è plastico ed ha capacità di mutamento sociale, motivo per cui assume caratteri storici ed epocali ben distinti.
Quello del matrimonio, grazie alla fotografia, mantiene viva la funzione di mettere in scena la sua rappresentazione. Partendo da ciò è possibile capire e penetrare modelli di comportamento e schemi di relazioni nella stratificazione che ogni matrimonio incarna.
Il voler essere di quel giorno, immortalato nella foto, è messo in relazione con ciò che c’è intorno in modo da restituirci la temperatura di quell’evento, le aspirazioni, ma anche frammenti di realtà.
Le immagini di Matrimondi comprendono e raccolgono la stratigrafia di un mondo fatto di modelli e di riferimenti diversi che convivono in un rito, per consegnarlo alla memoria come una reliquia di una collettività, che sa conservare se stessa e, nello stesso tempo, sa adattare a sé ogni stimolo che riceve dall’esterno. Vi si scorge una umanità che partecipa, più o meno, consapevolmente ad un rito, con indosso e addosso tutto l’antico armamentario, mai usuale, ma unico ed identitario della società cui appartengono.
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